20 novembre 2006

BIBLIOTECHE SUPERCONVENIENTI




Vi starete chiedendo come possano essere convenienti delle biblioteche dato che la “biblioteca” (letteralmente la casa del libro) serve per studiare o al massimo consultare dei libri. Vi spiegherò perché nella facoltà di ingegneria esse sono molto convenienti, anche se non per tutti.
In passato la comunicazione era più difficile (non esisteva internet, né i telefoni cellulari), soprattutto per le chiamate ai familiari lontani da casa tanti chilometri, così lontani che solo il pensiero poteva raggiungerli e tener loro compagnia. L’avvento del telefono aveva sì ravvicinato le persone ma il suo uso era sempre più limitato a chi potesse permetterselo. Oggi tutti abbiamo a casa un telefono (tranne io!) e soprattutto abbiamo un cellulare. Adesso però ad essere diventato insostenibile non è più il costo dell’apparecchio telefonico bensì del servizio. Si è capito che chi non poteva permettersi l’uso di un telefono cellulare non lo comprava e quindi non spendeva. Rendendo accessibile il costo del telefonino si è allargato il numero di utenti e quindi i guadagni. Ogni anno spendiamo tantissimi soldi per colpa delle telefonate o degli sms ad amici e parenti.
Ma oggi esiste un metodo sicuro per azzerare completamente i costi delle telefonate e farli gravare sulle spalle degli altri: essere assunti nelle biblioteche della facoltà di ingegneria di Palermo!
Ogni giorno, studiando in queste biblioteche, conto un numero impensabile di telefonate personali fatte dai dipendenti sia a numeri di rete fissa sia a telefoni cellulari. La sicurezza del posto di lavoro rende talmente spudorati i dipendenti, da effettuare tali telefonate a pochi metri di distanza dagli studenti che, imbarazzati ed infastiditi dal tono della voce (sapete tutti che per farsi sentire da un utente col cellulare occorre gridare), cercano invano di studiare e di concentrarsi. In due ore di studio riesco a contare anche 15 telefonate personali a: figli, amici, medici curanti, persone che si trovano nella stanza accanto ai quali viene chiesto il caffè. Il tutto alla luce del sole, senza nemmeno il minimo imbarazzo. Ecco alcuni esempi di telefonate:
“..ieri non sono riuscita ad alzarmi dal letto per il mal di schiena. Dottore, cosa mi consiglia?..”
“Puoi parlare adesso? Ah, hai da fare? Vabbè, stasera ti trovo a casa? No, non devo dirti niente di importante, tanto per fare un po’ di conversazione!..”
(risate in sala studio)
Prima delle vacanze estive ho scoperto, sentendo sempre una loro telefonata, che hanno ricevuto addirittura un aumento. Dopo aver appreso la notizia è partita una serie di telefonate con toni entusiasti (ma non troppo poiché 150,00€ di aumento sembravano pochini) ad amici, parenti e colleghi. E chi li paga i costi di queste telefonate? L’università! E chi finanzia l’università? NOI!! Come sempre, in un meccanismo che viene violentato nelle sue regole, noi facciamo sempre la parte del culo! Ebbene io mi sono rotto le scatole di pagare le telefonate ai dipendenti con le mie tasse universitarie. Dal numero incredibile di telefonate giornaliere ritengo che il costo delle nostre tasse sia notevolmente influenzato da questo fattore. Impedire ai dipendenti di effettuare telefonate personali contribuirebbe ad abbassare la quota d’iscrizione all’università (credo)!
Ho intenzione di portare questo problema all’attenzione delle persone competenti ma per fare questo ho bisogno dell’appoggio di molti studenti (per ovvi motivi). Per questo avevo intenzione di stampare un foglio di raccolta firme per impedire ai dipendenti di effettuare telefonate personali e di disturbare così anche lo studio degli studenti col loro tono della voce. Perché non bisogna dimenticare la doppia violazione commessa dai dipendenti. Quella al nostro diritto al rispetto del silenzio in sala ed al rispetto delle nostre tasche. Qualche giorno fa ho registrato per 1 ora tutto ciò che succedeva all’interno della biblioteca (non mi va di specificare quale) e sono pronto a far sentire il tutto a chi di dovere. Che ne pensate? Mi sosterrete in questa lotta?

17 novembre 2006

Caramelle dagli sconosciuti





Sin dalla prima infanzia i nostri genitori ci mettono in guardia dai pericoli della vita con insegnamenti profondi e diffusi tra cui quello di “Non accettare le caramelle dagli sconosciuti”. Questi insegnamenti spesso li abbiamo ignorati o sottovalutati eppure, questo delle caramelle, ha assunto negli ultimi tempi, una valenza che va al di là di quelle che erano le aspettative di molti genitori. Ne è scaturito, infatti, un significato economico sottile ma anche profondo. Infatti, nella facoltà di Ingegneria di Palermo, esattamente nel bar della facoltà, da ormai tanto tempo, gli impiegati sono soliti restituire il resto dei vari caffé sotto forma di caramelle! Avete capito bene. Ad esempio: un caffé costa 0.47€ cad. Se paghiamo con 1,00€ ci vediamo restituire 0,50€ ed una caramellina alla liquirizia. Coi miei colleghi, in base alla nostra pluriennale esperienza in fatto di resto “zuccherato” abbiamo stimato un valore di 0,03€ per caramella. Esistono casi sfortunati di colleghi che si sono dovuti accontentare di più di una caramella (fino a 3) al posto dei soldi. Inutile dire che, la nostra natura di iscritti ad ingegneria, ci ha spinto a calcolare i soldi “persi” in questi anni di militanza nel suddetto bar. Si tratta di cifre non abominevoli in ambito personale ma che lo diventano se trasformiamo il punto di vista nel guadagno che ne ha il bar. Il numero di studenti che frequentano la struttura durante la giornata è davvero notevole.
I primi tempi, se la memoria non mi inganna, il cassiere si scusava sempre per l’inconveniente e, più o meno gentilmente, chiedeva sempre se poteva pagarci con una caramella. Oggi la situazione è sfuggita completamente al controllo. E’ vero che non è sempre che ci vediamo recapitare sul piattino del resto le liquirizie al posto dei nostri soldi ma è pur vero che, quelle volte che accade, non esiste più quel “rispetto” che si vedeva nei confronti dei nostri soldi. Adesso non c’è nessuno che ci chiede se le liquirizie vanno bene o no.
Coi miei colleghi abbiamo escogitato qualche metodo per evitare questa situazione. Ad esempio cerchiamo sempre di venire all’università muniti di numerose monetine da 1-2 o 5 €cent
Ma secondo me non era abbastanza. Volevo far capire ai nostri dipendenti del bar che la situazione era diventata grottesca. Ho conservato quindi l’ultima liquirizia, proveniente da un precedente resto, e l’ho usata per pagare il caffé. Ho versato quindi la somma di 0,45€ più la caramella (disposto così anche a svalutarla!!). Il cassiere dapprima credeva che oltre al caffé volessi acquistare anche la caramella. Quando i conti non gli tornarono mi guardò con aria interrogativa. Gli spiegai che la caramellina era lì come pagamento. Mi sentivo bene, credevo che il mio gesto avrebbe provocato un certo imbarazzo in quell’uomo che mi guardava ancora stordito. Ed invece sorridendo mi rispose: <<Ti ringrazio ma se non ce li hai i soldi non c’è problema. La caramella non la voglio!Non ti preoccupare>>.
Ebbene, quell’uomo pensava dentro di sé di essere stato gentile con una persona che, a corto di soldi, aveva messo a disposizione persino la sua caramellina pur di pagare l’importo dovuto. E’ questo il problema. A queste persone neanche viene in mente che, pagandoci con del cibo, ci fanno un torto. A me la liquirizia fa proprio schifo, non so che farmene!
Si accettano suggerimenti per sollevare la questione e, magari, anche risolverla una volta per tutte!! Avevo pensato di mettere un foglio davanti al bar con scritto: “Non accettare caramelle dagli sconosciuti! Se al Bar al posto del resto ti pagano con una liquirizia rifiuta gentilmente oppure fai amicizia con loro. Se noi pagassimo i nostri caffé con il nostro cibo loro cosa farebbero?”